Venerdì 15 marzo si è tenuto un incontro tra maestri, genitori, nonni sul tema della tecnologia, un argomento di fondamentale importanza, di fronte al quale, noi tutti, come educatori del nostro tempo, non possiamo più rimanere indifferenti.

A tal proposito, desideriamo proporvi un articolo tratto dalla pubblicazione di un medico tedesco specializzato in neuro-fisiologia, dal titolo “Attenzione, schermo!”

Le ore passate davanti allo schermo sono sempre più numerose, che si tratti del computer, della televisione, del palmare, dei video-giochi o del telefonino, non importa. L’occhio fissa sempre una superficie sulla quale ci sono immagini, lettere, movimenti di natura virtuale.

Qual è la conseguenza sulla nostra salute fisica e mentale, sul nostro comportamento individuale e sociale, sulla nostra vita interiore? Se pensiamo agli esseri in fase di crescita e di sviluppo, cioè ai nostri bambini, qual è la reazione allo schermo?

Gli studi che si occupano di queste domande diventano sempre di più e il risultato è molto chiaro; ne parlano ormai anche i mezzi di comunicazione di massa: per i bambini lo stare davanti allo schermo rappresenta un danno sia per la salute fisica sia per quella mentale, oltre che per la maturazione sociale.

Ovviamente c’è anche qualche voce contraria, ma, quando si va a cercare la vera fonte, ci si accorge che vi è chi deve difendere il mercato ed i relativi interessi economici. Sappiamo di questi danni, ma facciamo fatica a trarne le debite conseguenze, forse perché il danno non si vede subito. La sindrome del deficit di attenzione emerge intorno ai sette anni e le cause sono spesso nella primissima infanzia.

Fra le molti voci di allarme, si è recentemente fatta sentire quella di un medico tedesco specializzato in neuro-fisiologia, con una pubblicazione che ha il titolo significativo “Attenzione, schermo!”, per ora disponibile solo in tedesco (Vorsicht, Bildschirm!, Manfred Spitzer, E. Klett Verlag Stuttgart 2005).

È uno studio documentato di circa 300 pagine, in cui vengono esaminate le ricadute dell’uso dello schermo nei vari settori della vita, dalla salute del corpo, al rendimento scolastico, ai problemi della violenza e della obesità e così via.

Nell’introduzione leggiamo, per esempio:

“Le nazioni industriali dell’Occidente hanno da tempo riconosciuto la necessità di istituire e di rispettare, per la protezione dell’ambiente, delle regole: l’effetto serra e le micro polveri portano a delle conseguenze complesse e a lungo termine, non per questo, però, da trascurare, sull’ambiente e sulla qualità della nostra vita. Nell’ottica del medico e dello specialista delle scienze neuro-fisiologiche, le ricadute degli schermi dei mezzi di comunicazione non sono meno drammatiche. I numeri parlano una loro lingua (…) Perchè, dunque, un libro sullo schermo, scritto da un medico e neuro-fisiologo? Perchè gli schermi sono fonte di malattia, perchè hanno effetti sfavorevoli sul rendimento scolastico e perchè inducono ad una maggiore disposizione alla violenza. Le conseguenze ricadono su tutti noi ed è giunto il momento di agire. Non dobbiamo stare a guardare più a lungo!”

Nelle conclusioni sono raccolti con molta chiarezza i punti principali di cui lo studio dà testimonianza.

“I genitori dovrebbero sapere con chiarezza che per i bambini piccoli e nell’età prescolare lo schermo è certamente dannoso, che per i bambini in età scolare è quasi sicuramente dannoso e per gli scolari dalla decima classe in avanti è probabilmente dannoso. Trasmissioni fatte per i bambini piccoli come avvicinamento alla televisione non hanno un senso educativo nei confronti della comunicazione, ma vanno considerate come ‘droghe d’assaggio’ e le conseguenze sociali vanno viste in questa ottica.”

Il libro chiude con le seguenti parole:

“Qualsiasi cosa si voglia decidere, una cosa deve essere chiara: il nostro futuro giace sotto il profilo economico e sociale nei cervelli della generazione che ci segue. Non abbiamo altra materia prima per la crescita e non vi sono altri fondamenti per le impostazioni e per i valori. Non possiamo permetterci di sprecare questa materia prima così come lo abbiamo fatto in tempi passati. Teste piene di spazzatura minacciano la nostra esistenza futura, così come un paesaggio pieno di spazzatura, per questo non dobbiamo più stare a guardare!”

È ora interessante seguire alcuni aspetti più particolari, specialmente se si pensa a quanto Rudolf Steiner aveva detto nella prima conferenza sulla educazione del bambino nel 1906, esattamente un secolo fa, quando sottolineava il fatto che il bambino piccolo è tutto organi di senso. Questo significa che le qualità sensoriali plasmano il suo organismo, in particolare il suo cervello.

Trascriviamo un breve passo della conferenza del 1906:

“Se, come chi investiga lo spirito, gli uomini potessero vedere nel cervello che si va costruendo nelle sue forme, certamente darebbero ai loro figli soltanto giocattoli adatti a stimolare in modo visivo l’attività formatrice del cervello. Tutti i giocattoli basati soltanto su forme matematiche morte, agiscono in modo distruttivo e deleterio sulle forze plasmatrici del bambino, mentre agisce in modo giusto tutto quanto sollecita la rappresentazione del vivente.”

Sono parole molto chiare che oggi trovano un’importante conferma nella moderna neuro-fisiologia che vede come la realtà virtuale che viene presentata dallo schermo non è adatta a formare in modo corretto il cervello dei nostri figli.

Nel capitolo su ‘Esperienza ed attenzione’ viene presentato quanto avviene a livello della trasmissione nervosa nella struttura che svolge questo compito, la cosiddetta sinapsi:

“Tutto l’arrangiamento di fibre in arrivo, trasmissione, spazi intermedi con le spine detritiche che seguono, viene chiamato sinapsi. Le sinapsi hanno due funzioni importanti: da un lato, danno un impulso elettrico per via chimica, che viene così trasmesso al prossimo neurone. La stranezza di questa trasmissione, lo abbiamo già detto, è che può essere di diversa intensità… Questa trasmissione avviene attraverso una complicata via chimica che qui non abbiamo bisogno di seguire. Importante è che gli impulsi passano alle sinapsi e che questa trasmissione può avere diversa intensità. Ma perchè i collegamenti sinaptici hanno diversa intensità? Chi ne determina la forza? La risposta a questa seconda domanda è molto semplice: noi stessi determiniamo l’intensità delle nostre sinapsi. Per questo è importante la seconda funzione delle sinapsi stesse: possono modificare la loro forza. Lo fanno ogni volta, quando viene trasmesso un impulso ed entrambe le cellule nervose (quella che manda l’impulso e quella che lo riceve) sono attive. I collegamenti della sinapsi non sono dunque fissi, ma si modificano con l’uso: quando due neuroni collegati sono attivi contemporaneamente, aumenta l’intensità del loro collegamento. Questa facoltà del sistema nervoso ad un continuo adattamento dei suoi collegamenti in funzione dell’uso che se ne fa, viene chiamato neuro-plasticità (…) Quante più esperienze un bambino piccolo fa, quanto più chiare sono le tracce che man mano si formano nel cervello.”

Vi sono alcuni disegni che mostrano come si vengano a formare delle strutture materiali diverse, tali da aumentare la superficie di contatto, a seconda di quando vi sia la necessità di una maggiore intensità di trasmissione.

Abbiamo una piena conferma di quanto ha indicato Rudolf Steiner: il cervello è plastico e può venir plasmato dalle esperienze che andiamo raccogliendo.

M. Spitzer è molto chiaro: le esperienze reali della vita danno una vera configurazione al cervello, le impressioni che provengono dallo schermo, povere, piatte, riduttive e virtuali, non hanno un vero carattere formativo.

In particolare, viene evidenziato come vi sia uno sfasamento fra percezione visiva ed uditiva rispetto al mondo reale, per cui gli stimoli dello schermo non sono sufficienti per lasciare una traccia adeguata a livello cerebrale, traccia che, invece, nella sovrapposizione degli stimoli, diventa significativa.

Pensiamo che questi pochi esempi possano dare un’idea degli studi sui quali l’autore poggia, per arrivare alla conclusione che abbiamo ricordato all’inizio.

Come reagire a queste conoscenze? Si tratta di un allarmismo esagerato? La cosa va ridimensionata?

Se non avviciniamo per tempo i bambini alla tecnica, restiamo indietro nello sviluppo dei tempi? Oppure la cosa è seria e siamo solo troppo pigri per essere coerenti con quanto veniamo a sapere? E se la cosa è seria, dobbiamo dar retta a quel senso di malessere e paura che i miracoli della tecnica possono suscitare?

È evidente che l’educatore deve trovare un rapporto consapevole con lo schermo, se vuole fare delle scelte corrette. Questo significa saperne valutare gli aspetti positivi e negativi. La paura di fronte alla tecnica trasmette al bambino lo stesso stato d’animo, per cui, da adulto, rischierà effettivamente di essere fuori dal suo tempo. L’euforia e la cieca fiducia nello sviluppo tecnico vanno nella unilateralità opposta: si educano uomini ciechi per i limiti e per i pericoli. Si tratta, quindi, di trovare una posizione equilibrata. Là dove la tecnica svolge un ruolo sociale positivo e questo indubbiamente esiste e non va trascurato, essa va opportunamente valorizzata; dove, invece, come nell’età infantile, mostra con chiarezza i suoi limiti, va arginata, se ci sta a cuore il futuro benessere dei nostri figli.